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Ecco i primi capitoli del mio nuovo romanzo. Saranno aggiornati i contnuti man mano che verranno scritti.
Inviare le crtiche ed i commenti a l.leone@yatw.it ricordando di indicare il capitolo e ovviamnte il suggerimento.
Grazie a tutti per la collaborazione.
3
Estrada Pedro Teixeira si trova nella parte alta della freguesia Ajuda e sembra uno scivolo dritto fino alla foce del Tago (Tejo in portoghese). Come molto spesso accade in questa città la zona è piena di contraddizioni sociali e urbanistiche. Accanto a villette a schiera o a palazzi moderni e nuovi si possono trovare abitazioni fatiscenti con un alto tasso di degrado. Davanti ad una di queste, una palzzina malandata di due piani senza intonaco esterno, gli infissi mai rifiniti con ancora visibile l’intelaiatura in legno messa dai muratori, un’anziana signora stava raccogliendo i panni stesi al vento. La gonna ampia di un blu slavato ondeggiava pesantemente insieme alla biancheria stesa e ai capelli grigi della donna. La federa di un cuscino le sfuggì di mano spinta dal vento, lei si girò di scatto per seguirla con lo sguardo, ma il sole le accecò gli occhi impedendole di vedere dove fosse finita.
L’uomo, fermo sul portoncino attiguo all’abitazione dell’anziana signora, in un altro momento avrebbe sorriso della situazione e sicuramente, in maniera gentile, avrebbe raccolto il pezzo di stoffa impazzito, ma non ora. I suoi occhi meccanicamente registrarono il movimento e il cervello intuì dove sarebbe andata a posarsi la federa, ma lui volse lo sguardo alla sua auto e ci si diresse a passo spedito.
Osservando la scena da lontano lo si sarebbe potuto scambiare per un signore distinto che si recava al lavoro, con un vestito grigio, la camicia bianca, quei capelli brizzolati che gli conferivano un area decisa e virile in netto contrasto con la sua pelle ambrata, la camminata decisa. Ma a guardare meglio quella figura longilinea e snella si sarebbe sicuramente notato che il vestito era liso e sciupato, che la camicia non era poi del tutto bianca specialmente intorno al collo e il viso, tempestato di rughe, contornato da una barba ispida portava i segni di una stanchezza profonda, specialmente intorno agli occhi.
José Henrique mise il muso della sua X5 sulla Estrada Pedro Teixeira e puntò dritto per Calçada Galvão passando accanto al cimitero Moinhos de Santana. Per recarsi in centro preferiva arrivare fino giù al Tago e poi risalire. L’appuntamento al Tribunale era per le undici e sarebbe sicuramente arrivato con largo anticipo a destinazione in Rua Século. Avrebbe avuto tempo di ascoltare il suo avvocato che sicuramente era pronto a redarguirlo su cosa e come parlare davanti al giudice. Parlare di che poi? Era una causa di divorzio. Che Catarina si pigliasse pure tutto, ormai non aveva più importanza. Ad uno ad uno tutti i rami del suo albero morti. Lui che aveva fatto della solitudine il suo punto di forza ora ne veniva sconfitto e schiacciato senza pietà. Lei si stava prendendo la rivincita.
-Come siamo arrivati a questo punto?- Pensò e allo stesso tempo rifletté che forse è lo stesso pensiero che hanno tutte le coppie che stanno per separarsi.
Mentre era fermo ad un semaforo su Avenida 24 de Julo si osservò nello specchietto retrovisore e pianse di se stesso. Pianse tutta la sua disperazione. Era pieno di debiti e creditori, la moglie voleva altri soldi, l'affitto non lo pagava da due mesi, andava avanti accumulando debiti su carte di credito che non sapeva quanto avrebbero continuato ad anticipare spese. Solo un anno prima tutto questo non era nemmeno immaginabile. Solo un anno prima la sua vita stava per realizzarsi appieno. Catarina poi... era un angelo caduto dal cielo.
Fu risvegliato dal suono del clacson della macchina che lo seguiva. Il semaforo era scattato e il conducente in preda alla solita frenesia da “verde” aveva strombazzato senza pietà.
Tornato alla realtà José riprese la marcia verso il tribunale. Il cellulare squillò e lui per poco non tamponò l'Opel Astra alla sua destra nel tentativo di sfilarsi l'apparecchio dalla tasca. Era nervoso e teso e avrebbe tanto voluto una sigaretta, ma non aveva i soldi nemmeno per quelle.
La voce dell'avvocato Pozzan risuonò virile e decisa. -José dove sei?- Era palesemente un rimprovero, ma lui non ci fece caso. Questa volta era in anticipo. -Rua Gaivotas- rispose quasi scocciato, -sono quasi arrivato...-
- Bene!- Lo interruppe Pozzan, - dobbiamo parlare prima di entrare in aula. Mi ha appena telefonato l'avvocato di Ctarina e mi ha spiegato quanto chiederà di risarcimento... Una cosa assurda...-
-Quanto?- chiese José nervosamente, stringendo il volante fino a sbiancarsi le nocche.
-José...- Sospirò Pozzan, - ne parliamo quando arrivi non è il caso di farlo al telefono.-
Solitamente il tono deciso e quasi autoritario di Pozzan era rassicurante e convincente, questa volta, però l'interlocutore era troppo teso. -QUANTO!- Urlò pieno di rabbia nel microfono. Pozzan non cambiò né tono né parve sorpreso, era avvezzo a ben altre urla di ben altra rabbia. -Non è una questione di QUANTO, credimi, ma di PERCHÉ. È questa la cosa assurda... ma come ti ho detto ne parliamo quando arrivi, sbrigati!- Questa volta il tono di Pozzan non ammise repliche.
Rua Século è una delle tante strade in salita di Lisbona ed il Tribunale si trova in un palazzo antico, Palàcio Ratton, completato nel 1822 e progettato dal suo primo proprietario Diego Ratton, influenzato dallo stile neoclassico del periodo di Luigi XVI. Le aule di udienza sono al primo piano e bisogna registrarsi in portineria prima di accedere. José parcheggiò nel parco antistante all’ingresso del palazzo e risalì il senso unico pavimentato a sampietrini fino all'angolo con Travessa Conde Soure quasi correndo. Il senso di ansia e di nervosismo non lo aveva abbandonato anzi, man mano che si avvicinava al Tribunale, le parole del suo avvocato lo avevano incuriosito e reso irascibile. Pensava e ripensava a quel “perché” scandito da Pozzan, ma ben presto la sua curiosità sarebbe stata soddisfatta. Vedeva, infatti, il suo avvocato seduto al tavolino del Night Bar, che faceva proprio angolo. Entrò come un carrarmato e trovò l'uomo calvo, magro e con un impeccabile abito blu che stava studiando alcuni fogli posti su di un tavolinetto troppo piccolo per il suo metro e novanta.
Paolo Pozzan era italiano di Trento, specializzato in cause commerciali, aveva acconsentito ad assistere José per l'amicizia che lo legava al fratello Jeorge, conosciuto all'Università di Coimbra durante il programma di Erasmus. Lì si era innamorato della terra Lusitana e vi aveva fatto ritorno dopo laureato per prendere l'abilitazione e nel 1998. Una volta ottenuta l'iscrizione all'albo, aveva aperto il suo primo studio ad Oporto e poi un altro a Lisbona. La sua fama era in continua crescita, tanto che nel 2012 era stato nominato Console Onorario d'Italia ad Oporto. Era perfetto sia per fama sia per le conoscenze che aveva nell'ambito. Teneva soprattutto all'immagine oltre ad essere veramente bravo nel suo mestiere. Ma la prima regola era apparire e apparire sempre dignitoso e deciso. Quando alzò gli occhi verso José, storse immediatamente la bocca in una smorfia di disgusto. -Questa è un’udienza introduttiva. - Esordì senza neanche salutarlo. - La prossima volta vieni vestito come si deve per favore. Se non hai un altro abito lo compiamo insieme. Sei milioni di euro non sono uno scherzo!- José rimase pietrificato e neanche si sedette. Afferrò la sedia davanti a lui e strinse le mani attorno alla spalliera per sorreggersi, la cifra sparata a freddo da Pozzan gli fece mancare le gambe. Cominciò a sudare.
-Siediti per favore. Si parla meglio. Hai fatto colazione?- José rispose di no con la testa in maniera meccanica. Sembrava un bambino dopo un rimprovero della mamma.
Pozzan fece cenno al barista e ordinò un caffè espresso e un pasteis de nata, dolcetto di pasta sfoglia ripieno di crema all'uovo. Riprese a leggere i documenti e non smise finché José non ebbe finito di mangiare. Poi gli versò un bicchiere d'acqua e lo guardò fisso negli occhi.
-Allora José. Tu mi ha detto tutto vero? Si tratta di una normalissima causa di divorzio no?- Henrique fece cenno di si con la testa.
-Bene, mi fido. Eppure questa mattina l'avvocato della tua quasi ex moglie mi chiama dicendo che la richiesta di risarcimento per accordare il consensuale è salita a sei milioni di euro e questo perché lei, fai bene attenzione José, afferma che tu l'hai costretta ad abortire!- Fece una pausa per permettere al suo cliente di assorbire la notizia. José Henrique però rimaneva immobile con gli occhi sgranati. –Ascoltami bene perché è più sottile di come l'hai capita, il che è anche peggio.- Bevve un sorso d'acqua e riprese.
-L'avvocato di Catarina afferma che fra voi due era sempre stato chiarissimo che lei non voleva figli per motivi legati alla carriera, ma, e qui viene il bello, afferma altresì che tu la costringevi a non usare nessun tipo di anticoncezionale.- Pozzan si avvicinò al suo cliente e continuò a voce più bassa. –Quindi: lei rimane incinta per colpa tua e decide di non rivelare nulla a nessuno, ovviamente neanche a te, per non rovinarsi la carriera. Per lo stesso motivo decide di abortire in segreto. Solo che adesso che il suo senso materno invece vorrebbe esprimersi, non può più perché quell'aborto “segreto” l'ha rovinata per sempre. Lei non può avere figli a causa del raschiamento subito. - Altra pausa. -Ora José, è vero che tu la obbligavi a non prendere anticoncezionali? - José scosse la testa. -Mai detta una cosa del genere. Catarina era al top della sua carriera sapevamo entrambi che era impossibile avere un bambino in quel periodo. Ne parlavamo spesso di questa mancanza, ma era lei che si diceva dispiaciuta. Una volta si mise a piangere in un ristorante si girarono tutti vedendoci abbracciati e in lacrime. E' una cosa assurda...-
-Lei dice di avere le prove. Adesso qui cambia tutto e dobbiamo difenderci da questa cosa. Direi che possiamo innanzitutto puntare sul fatto che avrebbe dovuto informarti, tu non eri un estraneo, eri o meglio sei ancora suo marito e avresti avuto tutto il diritto di sapere perché il figlio era anche tuo, questo lo dice la legge. Poi comincerà una parte molto ma molto antipatica perché verranno messi in mezzo parenti ed amici. Le testimonianze diventano importanti. Anche la cifra richiesta lo è. Cifra che tu non hai. Non so perché abbiano sparato così alto. A cosa mira tua moglie?- Pozzan aveva espresso pensieri a voce alta, non stava parlando che con se stesso, ma era perlomeno riuscito a calmare José il quale era convinto di poter riuscire facilmente a dimostrare che aveva ragione.
-Vuole Quinta do Casquete…- disse poi sconsolato. –Ecco a cosa mira. Semplice.-
Pozzan lo guardò interdetto. –Ma quella villa non è solo tua non può pretenderla. Al massimo potrebbe rilevare la tua quota che però non arriverebbe certo a sei milion… Caspita!- Pozzan aveva immediatamente capito. –Che stronza!- Lo disse in italiano.
Quinta do Casquete era una villa situata a Vila Franca Do Campo, sull’Isola di São Miguel nelle Azzorre. Fu un investimento fatto con i soldi di tutta la famiglia Henrique e quindi la proprietà era divisa tra José, suo fratello e suo padre. La villa era grande e veniva affittata ai turisti in maniera continuativa, in più aveva un appezzamento di terreno, oltre ad un enorme giardino, con una piantagione di Ananas che il clima dell’isola favoriva notevolmente. Attualmente era l’unica entrata di José e si, il valore dell’intera proprietà si aggirava sui sei milioni di Euro. A Catarina era piaciuta da subito. Una volta ci aveva persino fatto un servizio fotografico per il catalogo di una nota casa di costumi da bagno. Lei non avrebbe voluto affittarla, ma Jeorge sapeva il fatto suo e i guadagni erano arrivati quasi subito. Quindi se il giudice avesse accordato la cifra, José sarebbe stato costretto a vendere e gli altri due proprietari non potendosi ricomprare la anche la sua parte si sarebbero dovuti adeguare.
-Si hai ragione.- ammise Pozzan. –Lei sa che non hai i soldi e chiederà la casa… Umm forse questo ci permetterà di ottenere un po’ più di tempo per agire. Dai andiamo a vedere che carte hanno in mano.- L’avvocato si era già alzato. L’aver capito il piano del nemico gli metteva una certa smania addosso. Voleva agire, affrontare subito l’avversario. Non notò l’aria delusa di Josè che adesso guardava fisso le punte delle sue scarpe consumate. Non capiva perché Catarina volesse tirare in mezzo anche la sua famiglia. -Va bene, mi odi e mi vuoi rovinare, ma perché fare del male anche a loro? Cosa c’entrano? E questa storia del bambino poi? Assurda. Ero padre e non mi hai detto nulla? Si non sarebbe finita certo in questo modo se lo avessi saputo, se lo avessi saputo io…- cominciò a piangere di nuovo – io avrei…- Pozzan si accorse dello stato del suo cliente. –José ma che fai? Ehi!- Gli mise una mano sulla spalla. –Campione, non si affrontano le battaglie in questo modo. Tu dovresti saperlo bene. Non sei solo, sta tranquillo. Ce la faremo.- Il tono adesso non era più duro, ma dolce e comprensivo, solamente Pozzan si sbagliava: a José Henrique di farcela non importava proprio nulla. Pagare o non pagare non avrebbe fatto la differenza. Aveva fallito in tutto anche nel costruire una famiglia e a questo errore non poteva rimediare. Si sentiva sconfitto e calpestato dalla realtà dei fatti che non rispecchiavano per nulla quello che lui credeva di essere. Perché un calciatore vive due volte e la sua seconda volta era stata un disastro.
Pozzan lo precedette al desk per le registrazioni e poi cominciò a catechizzarlo. –ti siedi alla mia sinistra e non parli mai, capito? Mai neanche se il giudice ti dovesse interrogare, cosa a cui non credo. E poi mi raccomando non parlare con tua moglie. Se ti riesce non la guardare nemmeno. Hai capito?- Il tono era tornato rude. Lo sguardo di José lo era altrettanto. –Bene così mi piaci! Te lo dico perché non siete tu e lei da soli in una stanza, ma quello squalo di Ribeiro dos Reis finirebbe per essere il tuo unico interlocutore e ti sbranerebbe senza pietà. Non è un uomo, quello.-
Salirono al primo piano si accomodarono in Aula. L’anticamera si faceva all’ingresso e non davanti alle aule come succede da altre parti. Pozzan era contento di essere arrivato per primo, in tribunale farsi aspettare è male. L’aula aveva due file di sedie rosse e in fondo, sopra la cattedra del giudice, un quadro del pittore Edoardo Batarda che occupava tutta la parete. José prese posto e cominciò a fissare la bandiera del Portogallo posta proprio difronte a lui. Ricordò allora la prima volta che con orgoglio la portò sul petto.