La pubblicità contiene le uniche verità affidabili di un giornale.
Thomas Jefferson
presidente degli Stati Uniti


Con la pubblicità non dobbiamo vendere al consumatore la bistecca, bensì lo stuzzicante momento in cui la soffriggerà in padella.
Ernest Dichter
psicologo statuintense


Gli ideali di una nazione li capisci dalla sua pubblicità.
Norman Douglas
scrittore inglese


Perchè continuo ad investire in forti campagne pubblicitarie anche adesso che la mia azienda è
diventata il maggior produttore mondiale di chewing gum?
Per lo stesso motivo per cui il pilota di un aereo tiene i motori accesi anche dopo il decollo.
J. Wrigley
industriale statunitense


Deve essere un panorama meraviglioso per chi non sa leggere
(osservando le scritte luminose in Times Square a New York).
G. K. Chesterton
scrittore inglese


Nulla, a parte la zecca, può fare soldi senza pubblicità.
Thomas Babington Macaulay
storico e politico inglese


Anche Dio crede nella pubblicità, infatti ha messo campane in ognuna delle sue chiese.
Sacha Guitry
attore e commediografo francese


Molte cose piccole sono diventate grandi con un appropriato uso della pubblicità.
Mark Twain
scrittore statunitense


Chi smette di fare pubblicità per risparmiare i soldi è come se fermasse l’orologio per risparmiare il tempo.
Henry Ford
industriale statunitense


Quando scrivo un testo pubblicitario non voglio che lo si consideri creativo, ma tanto interessante da far comprare il prodotto.
David Ogilvy
fondatore dell’Agenzia di pubblicità Ogilvy & Mather



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Ecco i primi capitoli del mio nuovo romanzo. Saranno aggiornati i contnuti man mano che verranno scritti.

Inviare le crtiche ed i commenti a l.leone@yatw.it ricordando di indicare il capitolo e ovviamnte il suggerimento.

Grazie a tutti per la collaborazione.

MAGGIO 2014
Iolanda Dimas osservava con attenzione i conti che gli erano stati sottoposti dal suo capo. La giovane commercialista fresca di laurea non riusciva a capacitarsi di come in meno di sette mesi fosse stato possibile dilapidare una fortuna. La AGUIAS SGPS era una holding solida con controllate in tutto il Portogallo che fatturava milioni di euro, ma adesso sembrava come inghiottita da un buco nero. Prima i negozi di articoli sportivi Henriques, poi i locali del gruppo ARANHA e  adesso le agenzie di Viaggio. L’unica cosa che ancora reggeva erano i due centri sportivi. La passione per il calcio li teneva a galla grazie agli affitti dei campi di calcio a cinque o calcio a sette.
-D’accordo la crisi,- pensò Iolanda –ma qui è uno sperpero senza paragoni… un suicidio finanziario.-
Era entrata nello Studio come apprendista, uno Studio prestigioso quello dei fratelli Pinto, che tenevano in ordine i conti delle maggiori società portoghesi. Per lei, neolaureata, era stata un’occasione più unica che rara, le avrebbe sicuramente fatto curriculum e poi chissà… intanto sgobbava per nove, dieci ore al giorno per un misero rimborso spese di trecento euro mensili, ma questo era l’iter da fare per arrivare e lei lo seguiva senza lamentarsi. Anzi. Controllare i conti di quelle società che muovevano l’economia del Paese era affascinante e istruttivo. Chi trovava noiosi i numeri, non capiva nulla. In quelle cifre c’era tutto, da quanto baccalà la popolazione avrebbe consumato a quanto la stessa avrebbe usato la macchina. E cose così non possono certo essere noiose.
Al suo arrivo aveva firmato un mucchio di carte per la non divulgazione dei dati sensibili che avrebbe trattato e di cui sarebbe venuta a conoscenza e questo l’aveva inorgoglita parecchio. Adesso aveva per le mani le finanze della AGUIAS una società non grandissima, ma non per questo meno importante visto che la principale e le controllate davano lavoro a qualche un migliaio di persone. Il capo di Iolanda, Andreas Pinto socio fondatore insieme al fratello Cristiano dello Studio, le aveva affidato l’analisi dell’andamento del gruppo quasi a sorpresa, in genere ad un’apprendista venivano affidati compiti più semplici, come le revisioni dei conti di società piccole e senza particolari ramificazioni. Si aspettavano suggerimenti da porre al cliente se e solo se fossero stati certi al cento per cento, niente investimenti o manovre a rischio. Tutto molto a basso profilo.
In pratica lo Studio dei fratelli Pinto si era buttato a capofitto nell’Business Intelligence aveva ideato un modello matematico per simulare gli andamenti delle società in difficoltà e in base ai risultati di questo “simulatore” apporre degli interventi risolutivi o tamponatori della crisi. La loro balanced scorecard era rigorosa e allo stesso tempo innovative per l’approccio all’analisi delle informazioni acquisite.
Ovviamente si accompagnava a questa la normale attività di una società di commercialisti e revisore dei conti, ma chi entrava a far parte dello Studio doveva imparare ad usare in maniera perfetta il “simulatore” per poter essere poi operativo sul campo. In effetti quest’attività era la più innovativa e redditizia dello Studio. Iolanda era lì da soli tre mesi e studiava il simulatore solo da due, ma non si sentiva pronta per cercare di dare una soluzione per l’emorragia della AGUIAS. Era tropo presto se ne rendeva conto. Non era un genio, non ne aveva né l’aria e né soprattutto il cervello, ma di una cosa era sicuramente sicura, sapeva giudicare se stessa. Si aggiustò la sua bionda coda di cavallo tirando i capelli con forza e rifacendo il nodo all’elastico. Era fuori di casa da circa dici ore, otto delle quali le aveva passate seduta tra mezzi pubblici e scrivania. La stanchezza cominciava a farsi sentire prepotentemente. Si stropicciò  gli occhi e si alzò per sgranchirsi le gambe. La sua responsabile diretta, Maria dos Santos Aveiro, era andata a casa da un’ora abbondante e rimanevano nello Studio solo la signorina alla reception e i due fratelli Pinto che non lasciavano mai lo Studio prima delle venti e trenta o ventuno. Iolanda si guardò nello specchio della stanza solitamente utilizzato dalla sua responsabile prima delle riunioni, per controllare se era in ordine. Non era niente male, pulita e ordinata, con un filo di trucco che accentuava il blu dei suoi occhi, un fisico asciutto, per niente da secchiona, frutto di una dieta equilibrata e dei venerdì e sabato mattina in palestra. Ci teneva al suo fisico, prima o poi avrebbe avuto bisogno di più della sua intelligenza per tenersi stretta un uomo e non voleva arrivare a quel momento impreparata. Ma questi erano altri pensieri. Si girò verso la sua scrivania. Era indecisa se parlare ad Andreas Pinto dei suoi dubbi circa la fattibilità dello studio che le era stato affidato. Da una parte si sentiva in difficoltà, dall’altra le dispiaceva apparire insicura e lasciare l’idea al capo di non essere in grado di risolvere un problema, poteva valere un posto fisso in uno degli studi commercialisti più prestigiosi del Paese e l’inizio di una carriera. Si stropicciò ancora gli occhi e poi si fece forza, raccolse tutti i fogli e il faldone che li conteneva e si diresse con passo deciso verso l’ufficio di Andreas Pinto. Sbuffò davanti alla porta, infastidita più con se stessa che della situazione. Bussò secca alla porta mentre si guardava le sue Camper comprate da poco.
-Avanti prego!- La voce di Andreas Pinto risuonò potente anche da dietro una porta. Era un uomo alto e grosso canuto sia di capelli che di barba, perfettamente curato e sempre calmo, Iolanda lo paragonava al nonno di Heidi, la bimba svizzera dei cartoni animati che viveva sui monti insieme al su amichetto Peter.
-Scusi Dottor Pinto ha cinque minuti per me?- Iolanda era in piedi sulla porta semi aperta, -Venga Signorina Dimas, venga pure si accomodi.- Pinto indicò la sedia libera di fronte alla sua scrivania e distolse lo sguardo dal monitor del suo computer. Mentre Iolanda posava il faldone e prendeva posto lui aggiunse:-Mi scusi, finisco di rispondere a questa e-mail e sono subito da lei.- Iolanda allora lasciò vagare lo sguardo sull’ufficio tutto bianco e di cristallo nero. Nere le mensole su cui erano posti in ordine i libri, nera la scrivania, nere le cornici delle foto dei figli e dei nipoti, rigorosamente in bianco e nero e nero il monitor ed il pc come erano nere le poltroncine di pelle su una delle quali lei era seduta. Le pareti invece bianche ma illuminate da una luce calda dei faretti neri sul soffitto. Iolanda si sentiva allo stesso tempo a disagio, ma anche rassicurata, come se in quella stanza non le sarebbe mai potuto capitare nulla di male. –Mi dica Signorina Dimas, di cosa voleva parlarmi?- La voce distolse Iolanda dai suoi pensieri.
-Dottore della AGUIAS SGPS.-
-Umm, mi dica..- Pinto giunse le mani e puntò i gomiti sulla scrivania e poggiò le dita sulle labbra. In una posa di piena concentrazione. Era un invito a procedere…
-Si, io sto studiando l’andamento societario come facciamo di solito per poter poi applicare le variabili per il simulatore. Ma mi scusi…-
-Cosa c’è che la mette in difficoltà? Perché mi pare che lei lo sia… non riesce a trovare le variabili?- Il tono di Pinto era paterno e pronto a dare le spiegazioni del caso.  
-No, Dottore, ma a me pare che non sia possibile applicare il simulatore a questo processo!- Ecco l’aveva detto. Le era uscito tutto di un fiato e adesso era più leggera. Si stava preparando alla consequenziale lavata di capo. Appena messo piede nello Studio e messa a conoscenza del simulatore, le avevano inculato l’idea che questo modello era sempre applicabile e per questo da considerarsi universale. Iolanda però adesso era convinta del contrario, semplicemente perché il punto di vista societario era inusuale.
-Ummm, a lei pare?- Pinto era rimasto ad occhi chiusi e nella stessa identica posizione di prima. Sospirò e aprendo le palpebre chiese con tono interessato:-Mi spieghi.-
Iolanda cercava risposte a dubbi che in realtà erano solo abbozzati. Non voleva apparire insicura, eppure in quel processo c’era qualcosa che non andava. Decise di raccontare tutto come se stesse riflettendo ad alta voce.
-Come mi avete insegnato il primo passo è l’acquisizione dei dati societari e quindi ho richiesto la documentazione. Mi è arrivata due settimane fa, ma dalla prima analisi dei costi e della distribuzione delle risorse, mi è sembrato tutto in linea con le attività effettuate. E questo è già un primo punto strano.- Iolanda fece una pausa e fisso il Pinto il quale rimaneva fermo e concentrato in attesa del resto.
Iolanda aspettò qualche secondo e poi riprese: -Ho quindi iniziato ad utilizzare il software OLAP e i dati sono sbilanciati tutti sugli acquisti. Gli acquisti di beni primari sono spropositati come sono spropositate le offerte e gli sconti delle attività commerciali. Non c’è un inflessione della clientela eppure queste cose sono manifeste. In pratica, a mio avviso, se non ci fossero questi sprechi ingiustificati, il gruppo sarebbe solidissimo. Ma dico sprechi perche non trovo una parola per definire meglio lo sperpero di risorse. Il simulatore qui è inutile. Sembra che tutto il gruppo voglia spendere denaro senza senso.- Iolanda si era emozionata e adesso continuava a parlare senza sosta.
-Ha presente il film, chi più spende più guadagna? Quello con Richard Pryor?, Si quello dove il protagonista deve spendere trenta milioni di dollari in un mese per poterne poi guadagnare trecento? Ecco sembra proprio di essere in quel film li. Un emorragia continua, senza significato… mi scusi- Iolanda era leggermente affannata.
Pinto non si era ancora mosso e rimase nella sua posizione per parecchi secondi. Iolanda non sapeva cosa pensare e la sensazione di imbarazzo cresceva… -Forse ho esagerato con quella storia del film.- pensò,-però era calzante chissà cosa mi è venuto in mente…-
-Signorina Dimas, ha la documentazione a supporto di quanto dice?- Iolanda assentì con la testa e mise il braccio sul faldone. -Bene diamo un’occhiata insieme…- Il fatto di coinvolgerla la fece sentire sicura di se e quindi espose i dati in maniera chiara e pragmatica. Dopo circa una mezz’ora Pinto la fermò: -Ottimo lavoro Signorina Dimas, ottimo!- Lei rimase interdetta -Ma…io…-
-La Dottoressa dos Santos Aveiro è a conoscenza di queste sue analisi?- Chiese Pinto
-No, in realtà avremo un incontro per discutere dei risultati il prossimo venerdì, ma io non mi sent…
-Non fa nulla,- incalzò lui, -le parlo io. Prendo la documentazione e lei da domani passa su un altro progetto.-
-Ma… veramente…- Iolanda era senza parole, non si aspettava una cosa del genere e non sapeva come prenderla. Si rendeva conto che la stava estromettendo e non sapeva perché.
-Buonasera Signoina Dimas, a domani.- Pinto era stato perentorio.
Iolanda si alzò e si maledisse: -Mi sarei dovuta fare i fatti miei, maledizione.- Salutò educatamente ed uscì.
Rimasto solo Pinto prese il cellulare e chiamò un numero della rubrica.
-Sono io… si, avevi ragione su tutti i fronti… mi dispiace… non so se è troppo tardi.-